E dappertutto non mostrasi egli novatore, ma sempre ripete idee classiche, con qualche aggiunta e qualche applicazione. Nell'esporre «le verità effettuate delle cose», non inculca espresso l'ingiustizia, ma toglie per unica norma l'utilità; non come Satana dice al male, Tu sei il mio bene, ma, Tu mi sei utile; se l'utile deva posporsi all'onesto è disputa da frati.
I tradimenti altrui e le proprie empietà espone in tono d'assioma, senza passione, come evenienze naturali, con freddo computo di mezzi e di fine, con un'indifferenza che somiglia a complicità. Con questa scienza senza Dio, che eleva l'ordine politico di sopra del morale, la ragione di Stato sopra l'umanità, che suppone unica meta delle azioni il soddisfare gl'istinti egoistici e interessati, assolve la menzogna, il perfidiare la parola e i trattati, il conculcare il diritto delle genti, la cospirazione, l'assassinio, purchè si raggiunga lo scopo, si soddisfi l'ambizione, qualunque siasi: la vittoria arreca gloria, non il modo con cui la si ottiene. Perciò il Machiavello ammira chiunque riesce, sia pure a fini opposti, eccetto Giulio Cesare che spense le libertà classiche, e Gesù Cristo che abjettì gli uomini predicando l'umiltà. Ammira la virtù dello scellerato Cesare Borgia, e fatto inorridire colle costui scelleratezze, conchiude: «Io non saprei quali precetti dare migliori ad un principe nuovo che l'esempio delle azioni del duca... Raccoltele, non saprei riprenderlo, anzi mi pare di proporlo ad imitazione a tutti coloro che per fortuna e con le armi d'altri sono saliti all'impero». L'appassionata sua vista non gli lasciava scorgere su quanto labile fondamento poggiasse la potenza di quel fortunato ribaldo; e quando egli cade, lo pronunzia «truculento e fraudolento uomo, e meritevole della pena che i cieli gli avevano serbata».
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