I vescovi, educati nel fasto spensierato anzichè a studj teologici, puntigliosi sul decoro della famiglia ed emuli del lusso fraterno, amanti del ben vivere più che del vivere bene, per trescare nelle Corti, o sollecitare posti a Roma, abbandonavano le diocesi a vicarj spirituali, e per economia preferivano sceglierli tra' frati mendicanti, i quali non esigevano mercede. I cardinali, dice il piissimo Bellarmino, non divenivano santi perchè aspiravano a divenire santissimi: le chiavi di san Pietro erano desiderate, non perchè aprono il cielo, ma perchè erano d'oro261.
Gli inferiori sogliono foggiarsi sull'esempio dei capi. Recitavasi la messa con indifferenza meccanica, per abitudine, non altrimenti d'un rito qualunque, senza spirito nè unzione, senza conoscere come storicamente le sue cerimonie s'annettano a quelle della primitiva Chiesa. Molti possedeano il titolo di dottori in teologia, ma non la teologia; e come adesso non si leggono più libri serj e profondi, ma enciclopedie e giornali e compendj, così allora, invece dei Padri e della Scrittura, si stava alle Somme, ai Fiori, ai Manuali. Innocenzo VIII dovette rinnovare la costituzione di Pio II, che ai preti vietava di tenere macello, albergo, bettola, casa di giuoco, postribolo, o di fare da mediatori per denaro; e se dopo tre ammonizioni persistessero, non godrebbero più l'esenzione del fôro262. Silingardo vescovo di Modena, dirigendo la sua Somma di teologia morale al cardinale Morene, diceva avere «nella visita di quella diocesi trovata tanta ignoranza della lingua latina nella maggiore parte de' sacerdoti curati, accompagnata da così poca pratica della cura delle anime, che verisimilmente si può temere una gran ruina e precipizio del gregge». I tre stati di Savoja, raccolti a Ciamberì nel febbrajo 1528, faceano istanza a quel duca perchè fossero frenati e moderati gli ecclesiastici, che trascendono in abiti e pompe mondane, ed esercitano l'usura con gran danno del popolo minuto, e che godono pingui benefizj senza adempirne gli obblighi di limosine e messe263. Insomma il sacerdozio consideravasi come uno stato, non una vocazione; le penitenze, lo studio, il predicare rimanevano incombenza de' frati.
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