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      Ben però discernete come questi zelanti non risparmiassero l'individuo, foss'anche il papa, perchè anelavano la purezza della Chiesa; anzi l'affiggere ciascun fatto particolare ai depositarj dell'autorità spogliava questa dalla scoria, lasciando intatta la persona morale. Imitavano Cristo, che aveva insegnato a rispettare la cattedra di Mosè malgrado le cattive opere degli Scribi e Farisei, sedutisi in quella: mentre da poi detestaronsi i dottori, e per essi anche la dottrina che insegnavano, e l'autorità che teneano da Dio d'insegnarla.
      Il cardinale Giuliano rappresentava ad Eugenio IV i disordini del clero, principalmente tedesco; donde l'odio che il popolo gli portava, fino a temere che i laici gli s'avventino al modo degli Ussiti: «Gli accorti tengono l'occhio a quel che faremo, e pare deva nascerne qualcosa di tragico: il veleno che nutrono contro noi si manifesta: bentosto crederanno fare opera accetta a Dio maltrattando e spogliando gli ecclesiastici, come esosi a Dio e agli uomini; la poca devozione che ancora sopravvive verso l'ordine sacro si perderà: si riverserà la colpa di tutti questi sconci sopra la Corte romana, considerandola come causa di tutti mali».
      Gian Francesco Pico, principe della Mirandola, noto per la tragica sua fine (1533), scrisse un opuscolo279, che i riformati ristamparono a Würtenberg nel 1521 per fare onta al papa, e per noverar fra i loro precursori quel principe, di cui ristamparono pure l'orazione De reformandis moribus, che egli recitò nel concilio lateranense, dove pone al pallio l'ambizione, l'avarizia, la scostumatezza del clero.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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