«O romani pontefici, esempio d'ogni ribalderia agli altri pontefici; o malvagi Scribi e Farisei che sedete sulla cattedra di Mosè, e fate l'opera di Natan e Abiron, si conviene egli al vicario di Cristo celesta pompa, e il vestire e le cavalcate? Non s'oda partito della Chiesa, la Chiesa guerreggia contro i Perugini, contro Bologna. Non è la Chiesa che combatte i Cristiani, ma il papa. Allora il papa si dirà e sarà padre santo, padre di tutti, padre della Chiesa: nè ecciterà guerra fra' Cristiani, anzi le eccitate da altri accheterà colla censura apostolica e colla maestà del papato».
I declamatori, e massime gli odierni, ammirano il gran coraggio del Valla, ma noi diremmo piuttosto la violenza, con cui satireggia prelati e papi e grandi che gli tardassero qualche favore. Nel dialogo dell'avarizia e della lussuria flagella i cattivi predicatori, e specialmente i Minori Osservanti, e in quello sull'ipocrisia tutti i frati, e il clero in generale: eppure accusato al Sant'Uffizio, andò a Roma a giustificarsi, e ad Eugenio IV scrisse bassamente, confessando aver ingiuriato lui e il concilio: e se da questo non ottenne grazia, il nuovo papa Nicolò V lo accolse come scrittore apostolico, gli diede incarichi letterarj, benchè il Poggio, altro critico maligno, dal Valla provocato, cavasse da' costui scritti una sequela di proposizioni ereticali: Calisto III lo elevò anzi a segretario apostolico, e morto tranquillamente nel 1465 fu sepolto nella basilica lateranense. Il suo libro fu poi messo all'Indice dal concilio di Trento.
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