Al concilio di Basilea un oratore, quel desso che valse a fare eleggere l'antipapa Felice, diceva: «Tempo già fu che io pensava sarebbe utile separare affatto la podestà temporale dalla spirituale: ora mi convinco che la virtù senza la forza è ridicola, che il papa romano senza il patrimonio della Chiesa non rappresenta che un servo dei re e dei principi».
Ed uno de' politici meglio accorti, Lorenzo de' Medici, scriveva a Innocenzo VIII esortandolo a rendersi forte coll'impinguare i suoi parenti. «Non solo Vostra Santità è dispensata dalla modestia e dalla riserva in faccia a Dio e agli uomini, ma potrebbesi biasimarla di non farlo, e attribuirlo ad altri motivi. Lo zelo e il mio dovere obbligano la mia coscienza a rammentare a Vostra Santità che nessuno è immortale; che un papa ha tanta importanza quanta vuole averne, e poichè non può rendere ereditaria la sua dignità, non può dire suoi se non gli onori e i benefizj che fa ai suoi»284.
Lorenzo era ispirato da interesse personale, ma avrebbe fatta dichiarazione così esplicita se tale non fosse stata l'opinione comune? Era il tempo che si ergevano tutti i principati sulle ruine delle tarlate repubbliche, e il papa seguiva l'andazzo col rinvigorirsi anch'esso. Inoltre le potenze fissavano cupidi occhi sullo Stato romano; onde fattone quistione non di diritto, ma di forza, i papi poteano adoprarsi ad acquistarlo come gli altri, e contro gli altri proteggerlo.
L'esiglio avignonese avea fatto sentire più che mai la necessità che il papa stesse in terra indipendente, e quindi il bisogno di convalidare e crescere il suo dominio.
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