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      Di poi andai con tal mia lettera a San Marco, non per trovare frà Girolamo, ma per fare scrivere tal mia lettera in latino: e trovati frà Silvestro e Girolamo Benivieni, la lessi loro. Di poi la lasciai a Girolamo Benivieni perchè la facesse latina; e lui così mi promise di fare. Di poi a tre giorni andai a San Marco, e mi ha detto che io facessi motto a frà Girolamo che mi voleva parlare. E così andai a lui, ed inginocchiatomegli dinanzi, e' mi disse: «Io ho visto la bozza della tua lettera allo imperatore: sia contento non l'avere per male». Poi soggiunse: «La sta secondo il gusto mio e poco manca». E che voleva aggiungere alcune parole, e darmi copia di una lettera che aveva scritto al papa, perchè ve la inchiudessi. Ed io risposi essere contento a tutto, ecc.».
      Ma poichè il frate procedea più sempre fino a non voler riconoscere altre autorità che di Dio e della propria coscienza, stimolato dalle nimistà cittadine, dalla gelosia d'altri monaci, e massime di frà Mariano da Genazzano, che in predica intitolava il Savonarola ebreone, ribaldone, ladrone, il papa rinnovò la scomunica «perchè alle apostoliche ammonizioni e comandamenti non ha obbedito», e vietava di ajutarlo, frequentarlo e lodarlo «siccome scomunicato e sospetto d'eresia».
      I suoi discepoli, anche colla pruova del fuoco, si profersero a sostenere contro frati Francescani298, 1° che la Chiesa di Dio ha bisogno d'esser rinnovata; 2° ch'essa verrà percossa; 3° dopo i flagelli essa e Firenze saran rinnovate e prospere; 4° gl'infedeli si convertiranno in Cristo; 5° queste cose si compiranno ai giorni nostri; 6° la scomunica contro frà Girolamo è nulla; 7° nè peccano quelli che non ne tengono conto.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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