DISCORSO XII
GIULIO II. CONCILJ DI PISA E LATERANO.
Alessandro VI moriva, non colle circostanze date da diarj d'allora e da romanzi d'oggi310, pure inaspettatamente, nel rimestìo delle ambizioni, colle quali preparavasi a fare suo figlio principe della Romagna, delle Marche e dell'Umbria, assicurare i dominj della Chiesa dai tirannelli che gli aveano usurpati, e introdurvi quiete e regolarità. Il Valentino, che sperò, anche dopo morto il padre, continuare coi delitti e le prodezze a fare l'Italia, fidando nelle truppe come un re moderno, circondò il conclave per imporre la sua volontà: ma il popolo sollevatosi lo cacciò; e i cardinali adunati presero accordo che il nuovo papa convocherebbe tra due anni un concilio. Pio III, de' Piccolomini di Siena, elettogli successore (1503), s'affrettò di concertarsi all'uopo colle potenze, nell'intento di riformare la Chiesa, incominciando (apertamente il professava) dalla curia romana. Ma dopo ventisette giorni morì e gli succedeva Giulio II genovese, che come cardinale Della Rovere era stato gran nemico di Alessandro VI, e durante il costui papato erasi sempre tenuto in armi e in difesa. Saliva papa, persuaso che la podestà pontifizia non potesse assodarsi se non assodandone il dominio temporale; laonde, se Sisto IV e Alessandro VI aveano mirato a fare grandi i loro figliuoli, esso volle far grande la Chiesa, in modo da stare arbitra fra la Spagna e Francia, e logorarle entrambe finchè le snidasse d'Italia. Fa arrestare il terribile Valentino, e l'obbliga a cedere alla Chiesa i paesi ch'egli ed altri n'aveano sottratti; ritoglie Bologna ai Bentivoglio, Perugia ai Baglioni; da Venezia si fa restituire Rimini, Ravenna, Faenza, Cervia; senza violenze procacciasi Urbino, e pone la Chiesa nella maggior forza che mai fosse.
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