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      Nella nona sessione, Antonio Pucci magnificava l'eccellenza della Chiesa, perchè maggiore apparisse il dovere di ridurla alla pristina purezza; e tutti, ma egli maggiormente deplorare che a ciò si opponessero le nimicizie de' principi cristiani: i quali rigurgitanti di denaro, di popolazione, d'armi, di vigore, di genio, non sapeano adoprarli che a sovvertire il mondo con ostilità reciproche, invasioni, correrie, saccheggi, incendj, uccisioni d'innumerevoli adoratori di Cristo. «O cuori affamati dei re, non mai satolli delle innocenti viscere de' popoli! o terra sitibonda, abbeverata da un rivo fumante di cristiano sangue! o cieca rabbia dei demonj, non calmata dagli innumerevoli micidj umani! Da vent'anni, cinquecentomila cristiani furono sgozzati di spada e ancor n'avete fame? e ancor sitite sangue?» Male ben peggiore dichiarava l'essersi provocata la collera di Dio con tante colpe; nè potere sopirsi la guerra esterna finchè non fosse tolta l'interiore de' vizj: «Vedete il secolo, vedete i chiostri, vedete il santuario; quali enormi abusi a correggere! Dalla casa di Dio bisogna cominciare, ma non fermarsi là»317.
      I decreti di quel concilio furono tanto prudenti quanto rigorosi. Non elevare al sacerdozio se non persone d'età piena, di costumi esemplari, e studiose. Il concilio, risoluto a una riforma universale e a smorbare il campo del Signore e promuoverne la coltura, non dissimula che ogni giorno riceve lamentanze contro le estorsioni degli offiziali della curia romana, e perciò vuole si moderino le tasse, gli emolumenti, le regalie, i proventi, rimettendosi alle antiche consuetudini e alla istituzione primeva degli uffizj318.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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