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      Anche i sommi artisti venivano adoprati a fare santi e madonne, erigere ed ornare chiese. Michelangelo, vigorosa individualità, gemente sulle miserie del suo tempo, e voglioso di «non vedere, non udire finchè duravano il danno e la vergogna», ribellasi alle tradizioni accademiche, e vuol ogn'opera sua riesca singolare, originale; nudi che affrontano il pudore, sibille virili, profeti ideali, la maggiore cupola del mondo, la sublimità della scultura nel Mosè. Sebastiano del Piombo ritraeva sentitamente la santità; a un punto inarrivabile d'espressione e di bellezza era sorta la pittura con frate Angelico, e con Raffaello332, che, per ordine di Giulio II, nella stanza della segnatura dipinse un grandioso poema, la vita intellettuale nelle sue quattro manifestazioni di teologia, filosofia, poesia, giurisprudenza; nella prima sovratutto esprimendo l'apoteosi del Corpo di Cristo, circondato da quanti furono più insigni conoscitori e maestri della scienza divina; e fu Leone X stesso che gli commise il giudizio di Leone III, la coronazione di Carlo Magno, la rotta dei Saraceni a Ostia, il miracolo di Bolsena, l'incendio di Borgo. Avesse voluto divenire cardinale, avesse voluto sposare una nipote di cardinale, Rafaello il poteva: ma in verde età morì, e nel testamento lasciava mille scudi onde celebrare dodici messe l'anno per l'anima sua; lascito assicurato sopra una casa in via de' Catinari, che esistette fino al 1805, quando, nelle vicende consumato il capitale, essa fu ricostruita.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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