Vedi se egli è vero che qui congregat merces, ponit eas in sacculum pertusum».
DISCORSO XIV
I TEDESCHI A ROMA. ERASMO.
Ad ammirare questa splendida Roma, questo magnifico pontefice, questo secolo d'oro, questa terra prediletta dalla natura336, venivano persone d'ogni paese; vi venivano dotti e curiosi, suntuosi e devoti; chi aspirava a benefizj o ad onorificenze; chi volesse venerare le reliquie di libere civiltà antiche, o quelle de' martiri; chi inebriarsi de' godimenti, od ottenere perdonanza di gravi peccati. Nessuno considerava compiti i suoi studj, se non li coronava con un viaggio in Italia, dove assisteva alla restaurazione delle arti per mezzo dell'imitazione, agli incrementi della scienza per opera del Mattioli, del Cesalpino, dell'Aldrovandi, esploratori della creazione materiale, del Fracastoro, del Falopio, dell'Eustachio, creatori dell'anatomia, fra i concittadini del Colombo, del Cabotto, di Americo Vespucci. E tutti, ma principalmente i Tedeschi, stupivano di quella libertà nella discussione, dello scherzo, del dubbio su punti, altrove venerati in silenzio; del vedere in vulgare insegnata la scienza, e fino tradotti i libri santi.
La Germania colla sua conversione aveva contribuito grandemente a consolidare il primato papale: indi col rivoltarsi contro Enrico IV aveva ajutato ad effettuare il robusto concetto di Gregorio VII. Ma poi, dal continuo mescolarsi di essa nelle vicende italiane era stata acuita la naturale antipatia delle istituzioni e delle nature germaniche contro le latine; e i nostri odiavano i Tedeschi come prepotenti, essi disprezzavano noi come fiacchi, e nella superiorità dell'ingegno non voleano riconoscere altro che furberia e mala fede.
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