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      La Germania strillava che tanto suo denaro fluisse a Roma337, e viepiù dacchè questa, postasi a capo della resistenza contro i Turchi, di nuove imposte e decime doveva gravare per imprese che poi non sempre si assumevano, non riuscivano a prospero fine. Enea Silvio Piccolomini, che fu poi papa, ebbe a vergare molte lettere in proposito scusando i papi per questa necessità di tener fronte al nemico comune: ma la dieta d'Augusta nel 1510 levò alte querele sopra le esigenze pontifizie, minacciando una generale rivolta contro il clero, se non vi si riparasse.
      Lo spirito latino che riunisce, e il germanico che separa, aveano lottato incessantemente: e mentre quello avviava all'unità giuridica, politica, religiosa, attuata anche nell'istituzione dell'Impero, questo tendeva a separare, sia nei feudi, o nei Comuni, o nelle minute signorie; e già pensava farlo nella religione, reluttando alla primazia papale e all'accentramento romano. Che se l'opposizione religiosa in Italia era ironica, beffarda, scettica, negava ma sottometteasi; in Germania all'incontro procedea positiva, credente, collerica, e non proponevasi solo di restaurare, ma di demolire per rifabbricare. Ai nostri spettava il merito d'aver disonnato la ragione col pensiero, colla libertà dell'arte, collo studio dei classici; ma la Germania, dotata della curiosità scientifica, non del sentimento della bellezza formale, apponeva ai nostri di cercare il risorgimento letterario, non il filosofico; sprezzava l'arte italica, quanto gl'Italiani vilipendevano la scienza tedesca: infelice divorzio, per cui questa inarridì a segno da parere destituita d'ogni applicazione vitale, mentre la letteratura nostra riducevasi a un trastullo, a uno svago dello spirito.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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