Nč aveano torto i Tedeschi quando la appuntavano di scostumata, e Puyherbault diceva338: «A che buoni cotesti scribacchianti d'Italia? Ad alimentare il vizio e la mollezza di cortigiani azzimati e di donne lascive; a stimolare le voluttą, infiammare i sensi cancellare dalle anime quanto v'ha di virile. Di molto siamo debitori agli Italiani, ma da loro togliemmo anche troppe cose deplorabili. I costumi di colą sentono d'ambra e di profumo; le anime vi sono ammollite come i corpi; i libri loro nulla contengono di gagliardo, nulla di degno e potente, e piacesse a Dio avessero tenute per sč le opere loro e i loro profumi! chi non conosce Giovan Bocaccio, Angelo Poliziano, il Poggio, tutti pagani piuttosto che cristiani? A Roma Rabelais immaginņ il suo Pantagruele, vera peste de' mortali. Che fa costui? Qual vita mena? Tutto il giorno a bere, fare all'amore, socratizzare; trae al fiuto delle cucine, lorda d'infami scritti la miserabile sua carta, vomita un veleno che lontano si diffonde in ogni paese, sparge maldicenze e ingiurie su ogni ordine di persone, calunnia i buoni, dilania i savj; e il santo padre riceve alla sua tavola cotesto sconcio, cotesto pubblico nemico, schiuma del genere umano, tanto ricco di facondia quanto scarso di senno»339.
E a Roma erano venuti a scuola quei che in Germania restaurarono gli studj classici; Rodolfo Agricola di Friesland, professore ad Eidelberga, che volle finir sua vita in un convento di Francescani; Lodovico Vives, vantato per acuto giudizio, come il Buddeo per ingegno.
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