Francesco Calvi di Menaggio, che col nome di Minicius vendeva libri a Pavia, e che anfanò per diffondervi quelli di Lutero, spedì subito quella lettera ad Erasmo, e pensava farla pubblicare dal Frobenio di Basilea, editore delle opere eretiche. Del che fra corrucciato e scherzoso, l'Alciato gli scriveva: «Ah tristo di Calvi! ah capital nemico mio se ciò farai! Che mi varranno le veglie e i tanti studj? Se tu mi propini questo veleno, vorrei piuttosto esser morto. Lutero, i Piccardi, gli Ussiti e gli altri nomi d'eretici non saranno così infami come il mio, se tanto avvenga. Non sai, o fingi non sapere la potenza di questi cucullati, l'arabbattarsi, il declamar dal pulpito, l'esecrazione fra il popolo, le detestazioni e gl'infiniti guaj che (gli Dei me ne scampino) ricadran sul mio capo? Intenterò processo d'ingiuria, prima a te come corifeo, poi ad Erasmo, poi al Frobenio; invocherò uomini e Dei; moverò ogni pietra per iscagionar me, e imputare voi soli»358.
Erasmo feriva anche i vescovi, che, dimentichi del nome, affidano il gregge di Cristo a frati; e i papi, che «tanto avrebbero a operare se pensassero ad esser vicarj di Cristo, cioè emularne la povertà, gli stenti, la dottrina, la croce, lo sprezzo della vita; invece non si dà viver più soave e men cruccioso del loro: e credono aver soddisfatto a Cristo quando, in mezzo a scenico apparato e cerimonie fastosissime, coi titoli di beatitudine, di riverenza, di santità, trinciano benedizioni o scagliano anatemi. Padri santissimi, a nessuno mostransi tanto rigorosi come a chi intacca il patrimonio di san Pietro: con tal nome chiamano i campi, le borgate, i dazj, le giurisdizioni, e per esse guerreggiano, spargono il sangue; e mentre la Chiesa fu fondata, confermata, cresciuta col sangue, or la sostengono col ferro».
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