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      Ma per lui Roma non è la città donde i santi apostoli respingono Attila flagello di Dio, dove imperatori e re fermansi venerabondi o sgomentati, e che personeggia il dominio dell'intelligenza sopra la forza brutale; la città che tiene i Turchi in apprensione, a cui si convertono gli sguardi di tutta la cristianità, da cui partono i missionarj di tutto il mondo, e dove da tutto il mondo si dirigono i reclami contro ogni oppressione, ogni ingiustizia. Al vedere tanti capolavori d'antichi, emulati dai nuovi colla penna, collo scalpello, coi colori, e sotto al manto papale raccolti tanti sublimi ingegni, uno dei quali basterebbe ad immortalare un paese, un'età: non uno dei raggi che partono dall'aureola di Rafaello e di Michelangelo commuove il gelo dell'anima sua razionatrice. Frate e tedesco, si scandolezza al lusso delle cerimonie, senza comprendere come l'idea ha bisogno di trasformarsi in immagine. Frate inosservato in tanta ricchezza, in tanto fasto, in tanta scienza, s'inviperisce e medita vendetta. Fra le splendidezze del culto, espressione mistica del rispetto e dell'amore verso Dio, fra la magnificenza de' pontificali, non calcola se non quanto denaro costano, e con che modi questo procacciavasi: si fa il segno di croce al conoscere que' reprobi costumi, all'udire gli aneddoti spacciati sul conto di Leone X, alla sbadataggine di que' preti che dicevano sette messe nel tempo ch'egli una sola, «talchè i chierichetti gli ripetevano: passa avanti, passa avanti»374: alla venalità della curia disposta a dire come Giuda, «Quanto mi date ed io ve lo tradirò?» Crede tutte le baje di piazza e di bettola: e perfino che in un monastero (non indica quale) si disotterrarono da un giardino seimila cranj di neonati; che Roma possiede veleni così squisiti da uccidere col solo guardare uno specchio cospersone375.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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