Inoltre Lutero parla tedesco, e il tedesco vulgare, quando il più de' predicatori, e tutti quelli mandati da Roma usavano il latino; e possedendo se alcun altri mai il linguaggio popolare e quel dell'ingiuria e del riso, tanto efficace in tempi commossi, egli «va, viene, spezza, brucia le siepi che non può oltrepassare, precipita come un sasso dalla vetta, travalica monti e valli come il diavolo», che sì spesso egli invocava e adoperava.
E nel suo proclama alla nobiltà cristiana di Germania, la ingelosiva delle progressive usurpazioni del clero e di Roma contro la sua nazione, e «Via i nunzj apostolici, che rubano il nostro denaro. Papa di Roma, dammi ben ascolto: tu non sei il maggior santo, no, ma il maggior peccatore; il tuo trono non è saldato al cielo, ma affisso alla porta dell'inferno.... Imperatore, sii tu padrone; il potere di Roma fu rubato a te; noi non siamo più che gli schiavi de' sacri tiranni; a te il titolo, a te il nome, a te le armi dell'impero; al papa i tesori e la potenza di esso; il papa pappa il grano, a noi la buccia».
Ma il potere che vien offerto dalla rivoluzione, non talenta a principi che abbiano senno; e Massimiliano imperatore, più vicino all'incendio, ne conobbe la gravezza, e sollecitò Leone a citar Lutero al suo soglio. Lutero, mentre riprotestavasi sommesso al pontefice, erasi procacciato appoggi terreni, e mercè dell'elettore di Sassonia impetrò che il papa deputasse uno ad esaminarlo in Germania. La scelta cadde su Tommaso De Vio, detto poi il cardinale Cajetano, perchè nato a Gaeta il 1469. Di buon'ora s'era egli salvato dal mondo vestendosi domenicano; lesse arti a Padova, e oltre sapere tutto a mente san Tommaso, ne imitava il modo d'argomentare, unendo cioè la dialettica d'Aristotele coll'ispirazione di Platone.
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