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      Perciò correasi ad ascoltarlo, ma egli fuggiva i rumori, e s'ascose per sottrarsi a un trionfo in quell'università. Pure spesso interveniva alle dispute filosofiche e religiose, che molto costumavansi allora, e singolarmente in una del capitolo generale del suo Ordine a Ferrara, in presenza del duca e del senato, combattendo Giovanni Pico della Mirandola. Al conciliabolo di Pisa dal pulpito sfolgorò il cardinale Carvajal, e gli altri motori dello scisma, e compose un trattato sull'autorità del papa, sostenendone la supremazia monarchica sul concilio. Aveva anche pubblicato un'opera sulle indulgenze, lodata da Erasmo come di quelle che rem illustrant, non excitant tumultum, dove conferma l'efficacia di esse non solo nella remissione della pena ut est debita ex vinculo ecclesiæ, ma anche della pena ut est debita ex vinculo divinæ justitiæ: distinse i meriti di Gesù Cristo e de' santi, e l'applicazione di essi per modo di assoluzione e per modo di suffragio.
      Fatto vescovo di Gaeta, poi cardinale da Leon X, si mostrò attivissimo nell'eccitare la Germania, la Scandinavia, l'Ungheria contro i Turchi: in Boemia represse le reliquie degli Ussiti; dimostrò come a torto si tacciasse d'avarizia la Chiesa romana per le decime, atteso l'uso che ne faceva; più tardi Clemente VII, udendo ch'egli era assalito dai saccheggiatori di Roma, mandò a supplicare per lui, acciocchè non s'estinguesse un tal lume della Chiesa. L'insigne teologo Michele Cano dice: «Io l'ebbi sempre in gratissima stima, e altamente giovò alla Chiesa, e poteva esser pari ai sommi edificatori di questa, se la dottrina sua non avesse macchiata di certa qual lebbra, e o per curiosità, o per sottigliezza d'ingegno non avesse esposte le sacre lettere piuttosto ad arbitrio suo, quasi sempre felicissimamente, ma in varj luoghi più acutamente che felicemente.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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