Per non allungarla, uno de' più zelanti difensori della fede non solo ma della curia scrive: «Annis aliquot antequam lutherana et calviniana hæresis oriretur, nulla ferme erat, ut ii testantur qui tum vivebant, nulla prope erat in judiciis ecclesiasticis severitas, nulla in moribus disciplina, nulla in sacris literis eruditio, nulla in rebus divinis reverentia, nulla jam propemodum erat religio. Eximius ille cleri et sacri ordinis decor perierat; gravi diuturnaque laborabant infamia sacerdotes, quod panum et piscium, hoc est proventuum, majorem quam animarum curam haberent»422.
Erasi dunque d'accordo sul bisogno d'una riforma. Ma una riforma conciliativa sarebb'ella stata possibile? Poteva un'alta e sincera volontà ricondurre a chiaro e cristiano scioglimento la sciagurata discrepanza delle idee pratiche e l'implicazione degli interessi ecclesiastici e religiosi coi politici e secolari, e ringiovanire la Chiesa, consolidando l'unità, anzichè distruggerla? Fu sperato dai buoni, ed è sempre difficile l'argomentare quel che sarebbe potuto accadere in circostanze ipotetiche.
Per verità, quanto ai dogmi, dapprincipio Lutero deviava sì poco, che fa meraviglia potesse suscitare tanta tempesta. Alcune delle sue tesi che allora levarono maggior rumore aveano buona parte di verità, come il definire la Chiesa assemblea de' santi, divinamente istituita, e dovere la fede avere una base soprannaturale. «Sua santità (scriveva il Muscetola) ha fatto esaminare da varj teologi nostri le confessioni stese da' Luterani, e n'ebbe in risposta che molte delle cose ivi contenute erano del tutto cattoliche; altre capaci d'un'interpretazione non contraria alla fede, se i Luterani volessero prestarsi a un accomodamento, il quale per altri rispetti ancora non sarebbe impossibile»423.
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