E davvero, qual cattività peggiore di questa, professata da alcuni esuberanti sostenitori della podestà pontificia? Abbia la S. V. a cuore quella suprema potenza e libertà del volere, che viene dall'ossequio alla grazia divina e alla ragione; non pieghi all'impotenza della volontà, che sceglie il peggio, e alla servitù che mena al peccato; perocchè solo allorquando quella vera facoltà del volere sarà congiunta alla podestà pontificia conferitavi da Cristo, sarete potentissimo, affatto libero, e vera vita della repubblica cristiana»445.
E trattando della giustificazione nelle epistole stesse, dichiara aperto che «l'uomo propende al male, in grazia dell'impotenza della volontà; dalla qual malattia, che è servitù dell'animo, non può liberarsi per le virtù morali acquistate coll'abito delle opere buone, ma solo per la grazia di Dio e la fede nel sangue di Gesù Cristo». Tale dottrina enucleò nel Tractatus seu epistola de justificatione, lodato immensamente dal cardinale Polo, dal cardinale Sadoleto e da altri, che ammiravano come quell'arduo punto egli avesse sì ben chiarito, e con verità inaspettate, che pur erano nella sacra scrittura446. Onde può dirsi che il Contarini esibisse il vero programma di ciò che poi compì il Concilio di Trento, sia quanto alla riforma, sia quanto alla definizione dogmatica di quel punto scabrosissimo.
Insisteva egli presso papa Paolo acciocchè attuasse le riforme; e da Ostia l'11 novembre 1538 scriveva al cardinale Polo: «Il papa mi menò seco in carrozza a Ostia.
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