Non era un esercito regolare, bensì un ammasso di quarantamila venturieri, quali noi pure ne abbiamo veduti, che obbedivano personalmente a un capo, purchè egli facesse quel che essi desideravano. E il desiderio loro era saccheggiare Roma, tutti anelando all'oro di essa, molti essendo Luterani, la più gran parte Tedeschi, avvezzi a considerare i papi e gli Italiani come sanguisughe della loro nazione e che aveano per unico grido Nicht Papa. Un d'essi, chiamato Verdesilva, diceva: «Colla pelle di papa Clemente voglio far uno staffile, e lo porterò a Lutero perchè veda com'è punito chi resiste alla parola di Dio». Il Freundsberg, loro capitano, teneva appeso all'arcione un laccio d'oro e un d'argento, proponendosi di strozzare con quello l'ultimo dei pontefici, coll'altro i cardinali. Lo seguiva Jacopo Ziegler, che, in una vita di Clemente VII, spacciò irosamente le colpe di questo e della curia romana.
Cotali assalirono Roma (1527), ed essendosi ammalato il Freundsberg, e ucciso nell'assalto il Borbone, inviperiti e sfrenati vi entrarono, ciascuno non pensando che a sfogare i brutali istinti dell'avarizia, della libidine, della rabbia. La capitale del mondo cristiano la sede delle belle arti, l'asilo e la palestra di ogni letterato e artista, la seconda patria d'ogni cristiano, restava preda a ladroni e miscredenti: la vita d'ogni illustre di quel tempo ha una pagina dove si raccontano nuovi orrori di questo sacco, che è uno di quei regj misfatti che lasciano impronta indelebile nella storia; e dove la Germania si vendicava della superiorità intellettuale e morale dell'Italia; così la barbarie superba metteasi sotto i piedi quella civiltà che la mortificava.
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