Le buone città distrutte e spopolate; in molti luoghi non si trova carne di veruna sorte. Tra Vercelli e Pavia, per cinquanta miglia del paese più ubertoso del mondo in vigne e grano, tutto è deserto; nè uomo o donna vedemmo che lavorasse ai campi, nè anima viva fuorchè tre povere donne che racimolavano l'uva rimasta: giacchè non si seminò nè mietè, e le viti inselvatichirono, e i grappoli infradiciano senza che alcuno li colga. Vigevano, buona terra con rôcca, non è più che rottami e deserto. Pavia mette pietà: nelle strade i bambini piagnucolando chiedono pane, e muojono di fame. Ci fu detto, e il papa ce lo confermò, che la popolazione di quelli e d'altri molti paesi d'Italia fu consunta dalla guerra, dalla fame, dalla peste, e molti anni ci vorrà prima che l'Italia ritorni in buona condizione. Quest'è opera de' Francesi non men che degli Imperiali».
Mentre Clemente VII stava prigioniero, re Ferdinando scriveva al fratello Carlo V, non lasciasse uscir di mano il prigione senza aver535 messo ordine nella cristianità: questo esser unico rimedio alle maledette eresie536 Molti cardinali s'adunarono a Piacenza per provedere a sì luttuosi frangenti537., e per sicurezza della Chiesa divisavano trasferire la Santa Sede ad Avignone, fuori di questa Italia, divenuta campo alle battaglie degli stranieri. Fomentavanli a ciò i re di Francia e d'Inghilterra, che n'avrebbero cavato vantaggio; e molti di retta intenzione v'aderivano. Ma il cardinale Francesco Cibo, legato di Bologna, che avea saputo tener in fede le Romagne, accorse a Piacenza, e dissuase con validissime ragioni da un passo, che avrebbe recato l'ultimo tracollo all'Italia e un urgente pericolo alla Chiesa.
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