Del Valdes citasi pure un «Avviso sopra gl'interpreti della santa scrittura», ove sostiene che noi fummo giustificati per la passione di Cristo, e che possiamo conoscere con certezza la nostra santificazione.
Nel catalogo dei libri proibiti pubblicato da monsignor Della Casa è notato Il modo di tenere nell'insegnare e nel predicare al principio della religione cristiana, libriccino il qual è solamente di tredici carte in ottavo; e il Vergerio, postillando esso catalogo, attribuisce quell'opuscolo al Valdes, e non rifina di lodarlo, facendo le meraviglie che si riprovi chi predica Cristo sinceramente e prudentemente, mentre si tollerano e lodano le sguajatezze del Barletta, tutto buffonerie ed empietà.
L'opera capitale del Valdes è quella stampata a Basilea nel 1550, col titolo Le cento et dieci divine considerationi del signor Giovanni Valdessa; nelle quali si ragiona delle cose più utili, più necessarie et più perfette della cristiana professione. Nella prefazione, Celio Secondo Curione «servo di Gesù Cristo, a tutti quelli i quali sono santificati da Dio Padre, e salvati e chiamati da Gesù Cristo nostro Signore» augura: «la misericordia, la pace et la carità di Dio vi sia moltiplicata». E comincia: «Ecco fratelli, noi vi diamo non le Cento novelle del Boccaccio, ma le Cento e dieci considerazioni del Valdesio, e di quanta importanza sieno vengo a dichiararvi».
E continua che «de' molti i quali scrisser delle cose cristiane, chi meglio e più saldamente e più divinamente il fece è Giovanni Valdesio, dopo gli apostoli ed evangelisti». Esaltandone i pregi, professa che di questo grande e celeste tesoro siamo tutti debitori a monsignor Pietro Vergerio, come stromento della divina provvidenza in farlo stampare, acciò da tutti potesse essere veduto e posseduto.
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