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      È questa certo gran perdita e a noi e al mondo; perchè Valdes era un de' rari uomini di Europa, e quei scritti ch'egli ha lasciato sopra le epistole di san Paolo e i salmi di David ne faranno pienissima fede. Era senza dubbio ne' fatti, nelle parole e in tutti i suoi consigli un compiuto uomo: reggeva con una particella dell'animo il corpo suo debole e magro: con la maggior parte e col puro intelletto quasi come fuor del corpo stava sempre sollevato alla contemplazione della verità e delle cose divine. Mi condoglio con monsignor Marcantonio Flaminio, perch'egli più che ogni altro l'amava ed ammirava. A me pare sino, quando tanti beni e tante lettere e virtù sono unite in un animo, che faccian guerra al corpo, e cerchino quanto più tosto possano di salire, insieme con l'animo, alla stanza ond'egli è sceso».
      E generale fu il compianto per la morte di questo bel ingegno, del quale un poeta cantava:
     
      Valdesio ispanus scriptore superbiat orbis554.
     
      Il Caracciolo, frate domenicano, che lasciò una vita manoscritta di Paolo IV, di cui molto faremo uso, riferisce: «Accadde nel 1535 che con Carlo V venne un detto Giovanni Valdes, nobile spagnuolo ma altrettanto perfido eretico. Era costui (mi disse il cardinale Monreale che se lo ricordava) di bell'aspetto e di dolcissime maniere, e di un parlare soave e attrattivo: faceva professione di lingue e di sante scritture: s'annidò in Napoli e in Terra di Lavoro. Di costui furono tre i principali discepoli: frà Pietro Vermiglio, canonico regolare ed abate di san Pietro d'Ara: frà Bernardino Ochino da Siena, e Marcantonio Flaminio, tutti e tre letterati principalmente nelle lingue e nelle lettere umane.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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