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      Fra 'l vizio e la virtuteIl cor confuso mi travaglia e stanca;
      Come chi 'l ciel non vedeChe per ogni sentier si perde e manca.
      Porgo la carta biancaA' vostri sacri inchiostri,
      Ch'amor mi sganni e pietà 'l ver ne scriva,
      Che l'alma da sè francaNon pieghi agli error nostri
      Mio breve resto, e che men cieco vivaChieggo a voi, alta e diva
      Donna, saper se 'n ciel men grado tieneL'umil peccato che 'l soperchio bene.
     
      Poi quand'ella si spense, egli scriveva con sublime sconcordanza: «Morte mi tolse uno grande amico»: e ne cantò a lungo, e diceva:
     
      Il mio rifugio e 'l mio ultimo scampoQual più sicuro, e che non sia men forte
      Che 'l pianger e 'l pregar?
     
      Baldanzoso com'era, e smaniato del nuovo, repente sentivasi talvolta preso da scoraggiamento, e non leggeva più che la Bibbia e Dante, non tratteggiava che soggetti sacri, e rifuggiva sotto l'ale della misericordia eterna:
     
      Nè pinger nè scolpir fia più che quetiL'anima, vôlta a quell'amor divino
      Ch'aperse a prender noi in croce le braccia.
     
      Il Panizzi, nell'edizione inglese dell'Orlando Innamorato, ripubblicò un opuscolo del vescovo apostata Vergerio569 dov'è asserito che il Berni a quel burlesco poema intarsiasse dottrine anticattoliche, le quali poi furono espunte dopo morto l'autore, e allega diciotto stanze, prologo al XX canto, di tenore riottoso: donde l'editore conchiude che tali opinioni fossero comuni nella classe educata d'Italia, quanto oggi le liberali. Prova incerta, ma non nuova; che già altri vollero noverare tra i riformati il Manzolli pel Zodiacus vitæ, astiosissimo contro il clero, l'Alamanni, il Trissino, altri ed altri, mal comparando chi riprova gli abusi con chi proclama la fondamentale protesta della ragione individuale, presa per unico interprete del codice sacro.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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