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      Non era il concetto medesimo, per cui, nel secolo precedente, alcuni pii aveano fantasticato la venuta d'un papa angelico? Del resto il dire che la Corte romana era corrotta, venale la dateria, ribalda la sua politica, non curare le scomuniche, ridere dei frati, disapprovare il mercimonio delle indulgenze, impugnare le decretali, vedemmo consuetissimo in Italia: e il Trissino non facea che seguitare la moda; nè cotesta sua libertà pruova altro se non ciò che altrove mostrammo, quanto fossero tollerate le declamazioni contro di abusi, che si confessavano anche quando non si provedeva a correggerli.
      E come oggi il liberalismo politico professa di volere la libertà, nel mentre i conservatori pretendono combatterlo in nome anch'essi della libertà, altrettanto accadeva allora del liberalismo religioso. Molti potevano lealmente credere che, se il papato era stato necessario per l'educazione de' Barbari, allora si poteva omai dispensarsene: che la critica non farebbe se non appurare la Chiesa e consolidare il dogma; non essendosi ancora veduto, come oggi vediamo, succedersi dottrine tutte cangianti, tutte attaccabili, senza autorità nè coerenza, al punto che gli spiriti non si inebriassero più che del dubbio. E in generale si sapeva, o almen si sentiva, che riformare non è distruggere; che le riforme opportune e durevoli debbono venire dall'amore non dalla collera, dall'autorità che dirige, non dalla violenza che scompiglia.
      Ma chi assiste alla turpitudine degli odierni pugillatori non si meraviglierà che allora si accusassero di eresia i nemici.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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