Intitolatosi Paolo IV, dalla pietà e austerità primitiva declinò subito; richiesto come volesse esser trattato, rispose, «Da gran principe»; volle tavola di venti piatti, benchè egli mangiasse pochissimo e da frate, e si mostrò suntuoso e temporale più che alla dignità sua non convenisse.
Quasi non comprendesse che ormai il papa era il capo morale, non più il capo politico della cristianità, volle togliersi dalla difensiva per ripigliare l'offensiva; ma più non era tempo. L'Italia stava divisa tra undici Stati; Venezia, Genova, Lucca repubbliche; Parma, Piacenza e Urbino feudi pontificj; Modena feudo imperiale; feudo spagnuolo la Toscana; il ducato di Savoja, lo Stato papale, i dominj spagnuoli di Milano, Napoli, Sicilia. Ma le potenze effettive erano la Chiesa, la Spagna, Venezia e Savoja; sotto di essi un'infinità di baronie, contadi, marchesati, principati; tutti con costituzioni storiche, senati, concistori, parlamenti, sedili; e per norma il diritto romano, modificato da statuti particolari. Dapertutto però l'autorità prevaleva sulle libertà locali; le monarchie aveano scassinato così l'impero come il papato, mentre una folla di fuorusciti, uomini illustri e di gran seguito, come dice il Nores28, pieni di coraggio e di speranze, di spiriti vivacissimi, di prudenza singolare, instavano continuamente ricordando la servitù presente e il pericolo che sovrastava a Italia tutta, invitando i principi e persuadendoli ad ajutarli a racquistar29 la libertà.
Con tali elementi pretese Paolo IV restaurare la grandezza d'Italia, e ne mescolò a suo senno o capriccio la politica, maledicendo quei che l'aveano guastata col chiamarvi o Spagnuoli o Francesi.
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