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      Quasi sempre pedestre visitò i varj conventi; esortava con mirabile eloquenza alla povertà, all'osservanza della regola, all'altre virtù, e s'acquistò sempre maggior nome presso i suoi e presso gli esteri: grande autorità godeva presso re e principi, che l'usavano in difficilissimi consigli; il papa avealo in massimo onore; talmente era cercato, che bisognava ricorrere al papa per averlo predicatore, e le più grandi chiese non bastavano agli uditori, sicchè bisognava aggiungervi portici; e molti, levando le tegole dal tetto, calavansi di là per ascoltarlo. Predicando a Perugia nel 1540, calmò le nimicizie per quanto inveterate. A Napoli avendo dal pulpito raccomandata non so qual pia opera, l'elemosine offerte salirono a cinquemila zecchini».
      Scaduto il triennio (prosegue con incolta prolissità) fu rieletto, ma ricusò fermamente, finchè dalle istanze persistenti si lasciò vincere. E negli otto anni che fu cappuccino, mai non diede il più piccolo sentore di eresia.
      Eppure sotto quelle apparenze celava un'estrema superbia, il desiderio di levar rumore, e la fiducia nel proprio intelletto, avendo imparato dai libri di Lutero a cercare nelle sacre carte ciò che alla sua passione compiacesse. Dicono che, mentre predicava a Napoli in San Giovanni Maggiore nel 1536, il Valdes lo avvicinasse, e fomentandone l'immaginativa e l'ambizione, l'inducesse a insultare Paolo III, che non l'aveva ornato cardinale. Al vicerè Toledo fu rapportato che spargesse errori luterani, e quegli cercò che il vicario arcivescovile chiarisse la cosa; «ma perchè con l'austera vita che mostrava, con l'abito asprissimo, con il gridar contro i vizj ricopriva il suo veleno, non si potè per allora conoscere se non da pochi la sua volpina fraude». Son parole del domenicano Caracciolo, il quale prosegue: «Pure vi fu alcun che se n'accorse, e fra i primi, per quanto ho inteso dai nostri vecchi, furono i nostri santi padri don Gaetano e don Giovanni; i quali poi più chiaramente se n'accorsero nel 1539 quando l'Ochino, predicando nel pulpito del duomo, andava spargendo molte cose contro il purgatorio, contro le indulgenze, contro le leggi ecclesiastiche del digiuno ecc.; e quel che fu pessimo, soleva talora l'empio frate proferire interrogative quel che sant'Agostino dice negative, Qui fecit te sine te, non salvabit te sine te? dando a questo modo ad intendere tutto il contrario di quel che insegna sant'Agostino, cioè che sola fides sufficit, e che Iddio ci salva senza che noi facciamo opera alcuna per cooperar con Dio.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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