Dal luogo nostro di Firenze, il dì xjj di novembre del D4j».
«Molto magnifici signori; Sa Dio quanto piacere ho avuto in intendere de diverse parti e ultimamente per una vostra, el ben essere della mia diletta patria: desidero essere instrumento di Christo a honorarlo se fosse possibile in ogni loco, ma spetialmente come sarebbe justo ne la mia Siena: e tanto più me n'è cresciuto el desiderio quanto che intendo che comincia a reformarsi et mi desidera. Ma le Signorie Vostre hanno a sapere che io, poi partii da Venetia, ad istantia dell'illustrissimo dominio veneto, la santità di Nostro Signore per un breve mi a imposto che ritorni a Venetia, e li stia in lor satisfatione in fin tanto che di me altro non determina, però bisogna che acceptiate per ora la bona volontà e mi haviate per excusato. Trovandomi così legato, mi sforzarò ben quanto più presto potrò venir a visitarvi: e se in altro possa in Cristo servirvi, sapino che lo animo è prontissimo. El Signor vi conservi et prosperi sempre nella sua divina gratia.
Da Verona alli 20 maggio 1542.
«Molto magnifici signori; Per esser lo amor della patria justo e santo, e tanto più quanto è d'un bene universale e pubblico, cognosco che tanto più siamo obligati a amarla quanto siamo a Dio più proximi, però per esser frate non sò escluso da questo dolce vinculo, anzi tanto più strettamente ligato, quanto in me fusse più charità. Unum est che mi son congratulato del felice essere della mia patria, e o incominciato a honorarmene, però in Cristo, tanto ne sento dir bene, e desidererei presentialmente godermene, si chome del contrario in altre volte ne ho avuto molestia, e tanto più quanto per la vostra vedo el desiderio di Vostre Signorie e della città, maxime quando credesse avere a giovare.
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