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      E in fatto cominciò a mostrare disgusto dell'orazione, del coro, della messa, al punto che tutti ne prendeano scandalo: qualche frate il rimproverò, tra cui frà Agostino da Siena gli disse lepidamente: «Andando ad amministrar la religione senza la preghiera, mi somigliate a chi cavalca senza staffe. Badate non cascare». Egli rispondeva che non cessa di pregare chi non cessa di ben fare. Poi talmente si avviluppò in affari di principi, che non avanzava tempo di dire l'uffizio, e ne domandò la dispensa dal papa. Insieme prese famigliarità con eretici, ne gustava i libri, fantasticava innovazioni.
      Giulia Gonzaga duchessa di Trajetto, restava commossa dalle prediche dell'Ochino. Un giorno ch'ella usciva da San Giovanni Maggiore, il Valdes vedendola agitata la accompagnò fino al palazzo, mentre essa sfogavasi con lui parlandogli delle speranze, delle lotte, degli sconforti suoi. «Dentro di me sento una battaglia. Le parole di frate Ochino mi riempiono di terrore dell'inferno, ma temo le male lingue. Ochino mi dà l'amore del paradiso, ma sento al tempo stesso l'amor del mondo e della sua gloria. Come sottrarmi, a questo conflitto a cui soccombo? Col metter d'accordo le due inclinazioni o col sopprimerne una?»
      Il Valdes la rassicurava che quell'agitazione era segno che l'immagine di Dio si ripristinava in essa. «La legge vi ha fatto la ferita, l'Evangelo ve ne guarisce. Solo temo che cerchiate regolar la vostra vita cristiana in modo, che quei che vi stanno intorno non si accorgano di cangiamento.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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