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      Ma ero venuto a termini tali, ch'el mi bisognava, stando in Italia, tacere, immo mostrarmi inimico dell'evangelio o morire. Ed io non volendo negar Cristo, e non avendo speziale rivelazione nè particolar spirito d'andare volontariamente alla morte, per non tentare Dio elessi partirmi, siccome m'ha insegnato Cristo e con la dottrina e con l'esempio, il che fece anche Paolo ed altri santi. Quando verrà l'ora mia, Dio mi saprà trovare pertutto. So ben che se il pio, santo e prudente considera quello che ho lassato in Italia, a quante calunnie mi sono esposto, e dove sono andato in questa ultima età, sarà certo che il mio partirmi non nacque da umana e carnal prudenza, nè anche da sensualità, siccome spero in Cristo che la mia vita dimostrerà...... Da poi adunque, Italia mia, che con la viva voce non posso più predicarti, mi sforzerò scrivere, ed in lingua volgare, acciò sia più comune, e penserò che Cristo, abbia così voluto acciò ch'io non abbi altro rispetto che alla verità». Come l'Ochino arrivò a Ginevra, Calvino ne esultò, e scriveva a Melantone: «Abbiamo qui frà Bernardino, quel famoso, qui suo discessu non parum Italiam commovit». Subito si indissero preghiere per lui in tutta Italia; fra' Cappuccini si prese gran cura di estirpar ogni seme che avesse potuto lasciare, e molti che se ne conobbero infetti, abjurarono. Frà Girolamo di Melfi, valoroso predicatore, corse dietro all'Ochino ma non guari dopo periva in un incendio. Frà Bartolomeo da Cuneo fu incarcerato dal vescovo, e persistendo nell'eresie, fu condannato a morte.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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