A Strasburgo, il senato gli diede a espor le sante scritture nella scuola di san Tommaso; mentre Girolamo Zanchi, che gli era succeduto quando passò in Inghilterra, leggeva il libro De natura di Aristotele. I molti Lucchesi rifuggiti avrebbero bramato averlo per loro ministro, ma egli rispondeva l'8 marzo 1555: «Quanto volontieri presterei ancor una volta servigio a' miei italiani! come Paolo di nuovo ai Giudei predicò la salute, così io nulla meglio desidererei che convertire i miei compatrioti. Ma il concistoro di qui non v'acconsente; ed io son di tanto obbligato agli Strasburghesi, che non posso lasciarli, e anche la Chiesa francese mi esorta a qui rimanere».
I due italiani però vi erano forte contraddetti dai Luterani per le loro opinioni sulla Cena. I magistrati avrebbero voluto si acconciassero alle credenze del paese, e a ciò ch'erasi stabilito nella pace di religione; ma per quanto Pietro Martire fosse persuaso doversi tollerare tutte le opinioni parziali, purchè non uscissero dalla rivelazione divina, non credette poter far tacere la sua coscienza fino a quel punto. Pertanto volontieri ricevette l'invito, direttogli dal senato di Zurigo, di succedere all'illustre Corrado Pellicano come professore di lingua santa. Bullinger gli scriveva confortandolo ad accettare: «Lungo sarebbe enumerare le ragioni che ti devono indurre. E prima l'elezione evidente di Dio. Poi il tornare co' tuoi colleghi e nella società d'uomini che ti amano, e sono alieni da alterazioni. Qui troverai il vecchio tuo amico e fratello Ochino, e una Chiesa italiana, che la Germania non ha la pari.
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