Colà egli interpretava i libri di Samuele, e a due mire principali si volgeva; giustificare gli Evangelici contro i loro avversarj romani, e mostrare il giusto governo della Chiesa. Che i Protestanti avessero rotto l'unità della Chiesa, e introdotto uno scisma più profondo e deplorabile de' precedenti, ei lo nega, giacchè unione non vi può essere che nella parola di Cristo, sciolta dalla parola umana; aver essi pure desiderato un Concilio, ma dove intervenissero anche i Protestanti, e non aver potuto ottenerlo.
Morto che fu Celso Martinengo, gli Italiani e massime i Lucchesi rifuggiti a Ginevra chiedeano Pietro Martire per loro pastore, e Calvino ve l'esortava, attesochè a Zurigo molti teologi v'avea, pochissimi a Ginevra, dove pur tanto n'era bisogno per frenare le opinioni antitrinitarie che vi serpeggiavano.
Oltre le lunghe contese coi Luterani intorno alla Cena, altre ne durò Pietro Martire col Brenzio intorno all'ubiquità, con Bibliander intorno al libero arbitrio, e i molti scritti in proposito trovansi ne' suoi Loci comunes. Combatteva anche gli errori degli Unitarj di Polonia; eppure il suo spirito di conciliazione gli cagionò dispiaceri, lasciando credere propendesse alle teorie antivangeliche dell'Ochino e del Biandrata. Onde a Calvino scriveva nel giugno 1558, che le turbolenze della Chiesa italiana di Ginevra non gli lasciavano quiete giorno o notte; che il Biandrata, venuto a trovarlo, aveva cercato guadagnarlo a' suoi errori; che ne' colloqui con esso erasi fatto certo come ammettesse solo una persona nella divina natura, e il Padre e il Figlio non formare una sola essenza, talchè si veniva alla pluralità degli Dei, anzi il Gribaldi la affermava in termini evidenti.
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