A Celio Curione, di cui parleremo, e ch'essa avea conosciuto in Augusta, dichiara non aver intenzione di tornare in Italia. «Voi non ignorate quanto pericoloso sia il professare il cristianesimo dov'è sì grande il potere dell'Anticristo. La rabbia de' Coricei si estese in tutta Italia; v'è nota la fine del Fannio, pio uomo e molto costante, che dopo due anni di prigionia, senza che la minaccia di morte, o l'amor della moglie e dei figliuoli lo staccassero dalla fede, fu strangolato e il suo cadavere arso, e quasi non bastasse, le sue ossa gettate nel Po».
Regnando Paolo IV, a Chilian Sinapi da Eidelberga scriveva il febbrajo 1555: «Lettere che ho d'Italia m'attestano che s'infierisce a Ferrara contro il cristianesimo, non risparmiando nè sommi, nè infimi; quali imprigionati, quali banditi, altri salvaronsi colla fuga».
Alla sua allieva Anna supplicava per lettera a favore dei credenti, ed esortandola a studiare le scritture e imitar Cristo.
Molto ella ebbe a soffrire e pei comuni dolori dell'esiglio, e più per l'assedio di Schweinfurt nel 1553, che durò quattordici mesi, quando fu costretta rimanere lunga pezza ascosa nella cantina, poi in piazza fu spogliata in camicia. Fuggita ad Hamelburg con una veste prestatale da una vecchia, errò per la Franconia finchè il conte d'Erbach accolse lei e il marito, il quale poi fu nominato professore di medicina all'Università di Eidelberga. Di quivi l'8 agosto 1555 ad una Madonna Cherubina scriveva i suoi patimenti con mesta rassegnazione; ed esortando alla fede in Dio e nel Vangelo.
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