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      In questo modo sono stato trattato dalli maggiori inimici che abbia mai avuto la sede apostolica; il che per molte cause dee esser di grandissima speranza e consolazione a nostro signore, e dico più che, essendo stati li ragionamenti di coloro spesse fiate di Sua Santità e delle sue azioni, tutti molto la commendavano, dicendo di aver speranza che questo è quello che vorrà fare il tanto desiderato concilio; il quale è stato fuggito, così diceano ogni tre parole, dalli altri pontefici, e levar le pericolosissime dissensioni che sono nella fede di Gesù Cristo. Questa è grande laude e felicità di sua beatitudine che eziamdio tra costoro abbia tanto gran fama e tanto grande espettazione d'opere sante. Ma monsignore, io ho da scrivere qualche altra notabil cosa che mi occorse in quella conversazione eretica.
      Avendo io a partirmi da Wittemberga, mi era messo a tavola e faceva colazione, e ecco entrare il locotenente (che tra l'altre cortesie usava questa ch'egli medesimo mi serviva) con Martino Lutero e con Pomerano, dicendo che, in assenza della Corte del suo principe e d'altri dotti uomini che suoleno esser in quella Università, allora transferita in Turingia per conto della peste, egli non avea altri da farmi tener compagnia, la cui lingua io avessi potuto ben intendere, e che io volessi ascoltar quelli due, che essi aveano per savii uomini, tanto che io mangiava.
      Io non potei mostrarmi che consenziente, essendo dove io era, e ascoltai frà Martino e quell'altro, tanto che durò la colazione e che li miei signori andassero a montar a cavallo.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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