Le circostanze della sua vita e di questo viaggio in Germania le ricaviamo da lettere a questo ribaldo, al quale scriveva il 2 giugno 1539: «Ancora sono in quel mio humor, che vorrei che faceste un sonetto a Lutero in quel stile da Pasquino; che questo nome lo faria desiderabile».
E che già d'allora nascessero dubbj sulla fede del Vergerio me ne dà fumo una lettera di lui da Worms del 26 dicembre 1540, al cardinale di Brindisi, dove gli racconta le sue pratiche con Bucer, Melancton, Sturmio, e si duole si dubitasse della sua fede. «Se non volete credere che lo spirito di Dio e la coscienza mi muova a far ciò che ad un par mio si conviene, credetelo per le cose temporali, cioè per li pegni che ho in Italia, patria, fratello, vescovato.... Veramente mi fate torto a dubitare. Presupponete in me altra imperfezione che io non la difenderò, perchè io so di averne come gli altri e più: ma non questa di non aver l'anima netta ed ardente alla difensione della Chiesa; in quel poco che io posso io la difenderò e combatterò, e non ne parlo più perchè spero che Dio mi darà grazia di viver, di scriver e di operare, di maniera che chiarirò il mondo»104.
Al 25 gennajo 1541 il vescovo d'Aquila da Spira scriveva al cardinale Farnese in una lettera mezzo latina mezzo italiana, come soleasi:
«È qui il vescovo di Vincestre, vir acris ingenii con gran pompa, et multum dubitatur ne venerit ad turbandum omnia, vel saltem impediendum. Est et ille episcopus Vergerius, in domo oratoris regis christianissimi, qui familiariter vixit cum Melancthone et sociis, et sub umbra pietatis multa miscet»105.
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