... E veramente sono state baje e calunnie di alcune male persone tutte quelle che ad esso vescovo sono state apposte» (5 gennajo 1547).
Anche frà Marino inquisitore ne attestava l'innocenza ad Ercole Gonzaga cardinale di Mantova, e «Non solo non ha predicato nè insegnato eresia alcuna, ma ha governato la sua diocesi con tanta carità e tanto frutto, quanto è possibile che un pastore possa fare, e così consta per più di ottanta testimonj esaminati. E della sua vita dalli suoi medesimi avversarj (benchè sono in poco numero) è confessato che ella è simpliciter et omnino irreprehensibilis juxta illud Pauli, oportet episcopum irreprehensibilem esse:» e conchiudeva che, gran torto erasi fatto al povero vescovo, mentre egli, inquisitore e teologo, l'avrebbe voluto pubblicare in pulpito assolto e pastor bonissimo: e ripetere che non omnis sermo facit hominem hæreticum (18 novembre 1546).
Gli è sopra queste testimonianze ed altre congetture che, cent'anni or fa, Rinaldo Carli tolse a difendere la fama di questo suo compatrioto, quasi mai non avesse aberrato dalla Chiesa finchè non fu costretto dai rigori di Roma a fuggire. Le nuove carte che noi recammo e più l'esame delle opere del Vergerio ripudiano quella scusa.
Morì in quel tempo suo fratello Giambattista vescovo di Pola, e un innominato spedì al cardinale Farnese una lettera, con postille che notiamo in corsivo a' piedi.
- Questa lettera è stata fatta per monsignor Pietro Paolo Vergerio vescovo di Capodistria, sebben pare da altri. Dalla quale si cara la dottrina ut in margine.
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