Che Dio gliel perdoni: che certo si è proceduto con esso lui, come vostra signoria sa, piuttosto pigramente e con ogni carità che con vigore alcuno».
Tommaso Stella, succeduto inquisitore al Grisoni, continuava intanto il processo del Vergerio128, il quale «al serenissimo duce Donato» diresse una orazione e difensione da Vicosoprano il 10 aprile 1551, incitando a non permetter che l'Inquisizione e i legati operassero negli Stati della serenissima.
Il Vergerio atteggiavasi da martire, e a Dio diceva: «Altra cura, altro pensiero non ci stringe se non che tu ci perdoni le tante offese che ti abbiam recate, massimamente in aver opposta resistenza così grande al tuo spirito ed alla tua volontà quando ci cominciasti a manifestar Gesù Cristo»; e ringraziava inquisitori, fiscali, il papa d'averlo spinto a rompere colla menzogna.
Ma a Basilea disse a Martino Barrhans, professore d'ebraico: «Io non sarei qui se non avessi veduto lo Spiera. Il papa, tra con minacce, tra con lusinghe m'invitava andar a Roma, e quivi, celato il vangelo, vivere non disforme de' suoi decreti... Ma visto che ebbi e udito lo Spiera che lottava gravissimamente col giudizio di Dio, cioè col peccato, colla morte, coll'inferno, talmente fui percosso e pietrificato, che rimossi dall'animo ogni pensiero di andar al papa e venerarlo, e dissimular la verità...... Poco dopo averlo veduto, lasciato il vescovado, la patria, gli amici, gli averi, uscii d'Italia per poter più liberamente confessare Cristo, re dell'inferno, della terra, del cielo, che prima con falsa dottrina e non miglior vita avevo deturpato, prestando opera all'avversario di lui, che elevatosi al di sopra di Dio, una podestà pari a Cristo già da molti secoli si arrogò».
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