Tanto maggior noja recava la sua presenza in Valtellina ai Cattolici, che cercarono anche qualche mezzo straordinario per farlo partire; ai comizj retici si presentarono ventitrè deputati dei Comuni della Valtellina, chiedendo fosse licenziato dal territorio di Sondrio e da tutta la valle il Vergerio, che teneva residenza a Rogoledo, e predicava dottrine repugnanti alla fede dei più, e protestavano contro qualunque scandalo ne potesse seguire. Non ottennero nulla: pur egli dalla Valtellina passò nell'Engadina, valle retica, e capitò a Ponteresína quando appunto n'era morto il pastore. Fermatosi in un'osteria, tenuta dal magistrato del paese, entrò in discorso cogli avventori, e si esibì di predicar egli, invece del defunto. Sì, no; finalmente gli fu concesso, ed egli tenne un discorso sopra la giustificazione pei soli meriti di Cristo. I vecchi non approvarono nè disapprovarono, ma dissero, «Ascoltiamolo un'altra volta». Ed egli predicò sull'eucaristia, e presto vi ottenne gran lode, consolidò quella Chiesa, e poichè i paesani vendevano ai Valtellinesi le reliquie cui più non credevano, egli disse: «Ciò che reputiam male per noi non possiamo secondar gli altri a farlo», e li persuase a recarle tutte sul ponte Ota, e di là buttarle nell'Inn.
Lasciato ivi pastore il bergamasco Pietro Parisotto, si pose nella val Pregalia a Vicosoprano; di là propagando l'insegnamento ai paesi vicini. A Casaccia, discosta appena un miglio, una notte si trovarono atterrate tutte le immagini, e disperso il corpo di san Gaudenzio; del che il Vergerio si compiaceva come di evidenti progressi.
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