«Anch'io lo lodo, ma troppo spesso l'ho trovato uomo; e non credo ci vorrà mai bene se noi prendiamo per signor nostro».
Più risolutamente l'attaccò Celio Secondo Curione, che già gli era stato amico; e l'accusava di mascherar le sue credenze, e mostrarsi altro agli Svizzeri, altro ai Grigioni. «Quanto tu mi scrivi (diceva in lettera da Basilea 1 agosto 1550) del progresso del vangelo in Italia, non mi riesce nuovo; ma non è vero che gli opuscoli del Vergerio vi contribuiscano gran fatto. Di ben migliori ne possiede l'Italia, dai quali attinse lo spirito di salute. Que' del Vergerio non li dirò cattivi, ma leggeri; e se d'alcuni non si parlasse, si farebbe tutt'altro che danno alla cosa cristiana. Mi dici ch'egli chiese d'abitare a Losanna, se pericolasse nella Rezia. Non so che pericoli egli immagini, giacchè Agostino Mainardo, uom sapientissimo, in tutt'Italia celebrato, che nell'Italia stessa tante volte lottò predicando e disputando acerrimamente co' nemici, e spesso dal pontefice fu cerco con insidie, con arti, colla forza, già da dieci anni insegna a Chiavenna, fondò quella Chiesa, nè mai da alcuno sofferse violenze, nè ebbe male se non da falsi fratelli; dai papisti non mai. Il Vergerio non ha ancor deposta affatto la mitra, cioè adopra arti cortigianesche, e sa magnificar le cose sue.... Perchè va a zonzo? Perchè non assiste alla sua Chiesa? Preghiamo il Signore che gli dia spirito e mente di pastor evangelico».
Il qual Mainardo, al Bullinger scriveva da Chiavenna, il 3 settembre 1553: «Abbiamo inteso che il Vergerio stampa un catechismo a Zurigo, e lo dedica alla Chiesa della Valtellina, senza che i ministri di quella n'abbiano contezza.
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