Tali la papessa Giovanna, il turpe attentato di Pier Luigi Farnese, le colpe di Paolo III, le taccie d'eresia a persone o semplicemente imprudenti o calorosamente pie; lo sprezzo di molti miracoli, le beffe contro il Concilio tridentino e i prelati ivi raccolti, e contro il clero e i riti della Chiesa, ch'egli conosceva meglio come vescovo. Bersaglia la messa «regina delle idolatrie»; denigra i pellegrinaggi, il culto della Madonna, massime lauretana; le stigmate di san Francesco, e tutta l'idolatria romana; esagera i disordini de' monasteri; e il suo biografo dice: «Più arditamente di lui solo Lutero parlò di Roma, più ironicamente nessuno». Ai papi non diede mai tregua; stampò un ordo eligendi pontificis et ratio (Tubinga 1556) per cuculiare le cerimonie della consacrazione de' vescovi, eppure vi riporta quest'orazione che in esse recitavasi: «Abbondi nel vescovo la costanza della fede, la purezza dell'affezione, la sincerità della pace; sieno, per tuo dono, splendidi i passi suoi nell'evangelizzar la pace e i tuoi beni. Dagli, o Signor, il ministerio della riconciliazione nella parola e ne' fatti; sia il parlar suo come la predica, non in parole persuasive di umana sapienza, ma in mostra dello spirito e della virtù. Dagli, o Signore, le chiavi del regno de' cieli, perchè ne usi, non perchè si glorii della potestà che gli attribuisci, per edificare non per distruggere..... Sia il servo fedele e prudente che tu, o Signore, costituisci sopra la tua famiglia affinchè la cibi a tempo opportuno; sia di zelo non pigro, sia fervente di spirito, odii la superbia, ami l'umiltà e la verità, nè mai la abbandoni per lusinghe o per timore; non ponga la luce per tenebre, e le tenebre per luce; non dica bene il male, e male il bene; tengasi debitore ai savj e agl'ignoranti».
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