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      Infatti egli ebbe più volte a scagionarsi, senza però cangiarsi, del mostrare coi Protestanti un'indulgenza, tanto più virtuosa in quanto non nasceva da indifferenza, essendo anzi egli zelantissimo a difendere e diffondere la verità. Oltre le relazioni che vedemmo con Erasmo, egli si tenne in corrispondenza coi caporioni della parte avversa; al Cocleo scriveva: «Mi piace il far vostro, così dolce e moderato: non esasperiamo gli eretici». E soggiungeva: «Non so come m'abbia creato la natura, ma non posso odiare uno per la sola ragione ch'e' dissente dalla mia opinione». E parlando della sua mitezza verso lo Sturm: Decet nos istorum (hæreticorum) insolentiam non exasperare convitiis, quo in genere maxime exultant ipsi, sed mansuetudine retundere, quod proprium officium christiani hominis est. A Giorgio duca di Sassonia scriveva: Nunc tibi mitto oratiunculam quandam meam... ea continet sane modestam (mihi ut videtur) et cuilibet recte judicanti probabilem sanctæ romanæ Ecclesiæ et totius sacerdotii defensionem, adversus probrosas et pene quotidianas Lutheranorum vituperationes.... Ego irritare neminem prorsus volo, nec severe contentiones: hortator enim sum pacis et auctor. Id scribere opto, quod nec Lutherani iniquo omnino animo ferant, et Catholici accipiant æquissimo144. Melantone gli inviava tutte le sue pubblicazioni, ed esso diceva: «Se avessi a far solo con Melantone, domani la pace saria stabilita nella Chiesa, ma con Lutero è un altro cantare». E ad esso Melantone ebbe a scrivere una lettera sì benevola, che questi la mostrò a' suoi amici; e Lutero a lodar il Sadoleto, lodarlo gli eretici; lodarlo anche Giovanni Faber, vescovo di Vienna, il quale però soggiungeva: «Vi confesso ingenuamente che il linguaggio sì melato che voi usaste con Melantone rallegrò più d'un Luterano, non dico tutti; mentre afflisse e conturbò molti Cattolici.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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