Voi credeste forse che la vostra lettera resterebbe secreta. V'ingannò il buon cuore; la sciorinano a tutti, l'accompagnano di commenti ingiuriosi alla vostra dignità. Vi credeste più prudente di san Paolo, che di ritorno dal terzo cielo, raccomandava a Tito d'evitare l'eretico»145.
E il Sadoleto risponde: «Se scrissi a Melantone non fu per farmene un amico, ma perchè speravo col linguaggio affettuoso cattivarlo, e che così ci sarebbe più facile recuperare gli animi dei traviati. Sì, dimenticai la mia dignità, perchè trattavasi della gloria di Dio, della salute de' fratelli, della pace della Chiesa. Ebbi torto: peccai, come voi dite, perchè non conoscevo abbastanza l'uomo a cui scriveva; volevo colla dolcezza cristiana ricondurre all'ovile un de' fratelli smarriti. Se lodai Melantone letterato, elegante scrittore, abile professore, non volli difendere l'errore ch'e' sostiene. Perchè non potrei scrivergli? Gli Israeliti non teneano commercio co' pubblicani?»
Allorquando Calvino staccossi da Ginevra, il Sadoleto credette opportuno di scrivere ai Ginevrini, l'aprile 1539, deplorando i sovvertimenti che recato avea la Riforma nella loro città, dianzi così colta e ospitaliera; geme sui loro mali, e nella persuasione che i novatori non potran trionfare se non per mezzo della rivolta e col conquasso delle libertà civili e religiose; magnifica la grandezza dell'unità cattolica, che con un'unica croce, un unico simbolo vinse il mondo, che sempre senza interruzione insegnò le medesime verità, da san Girolamo fin a Paolo III: stupenda unità, alla quale deve rifuggire chiunque s'intitola cristiano, quand'anche i pastori non fossero sempre stati dolci e miti di cuore come Cristo; che importa se il sole è velato a intervalli, purchè rimanga sempre lo stesso?
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