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      Un superiore dei Domenicani, che dal Morone era stato chiamato ad assisterlo in Modena, depone che una volta questi «disse alcune cose de oratione crucis, che non stavano secondo la verità della santa fede, e vedendo io che il padre maestro non diceva nulla, dissi io: - Monsignor, queste cose che dice son contrarie alla fede. - Rispose: - Io mi rimetto, e in fatti so poco di queste materie. - Soggiunsi io: - Però vostra signoria reverendissima non ne sapendo, non ne debbe ancor parlare perchè non erri e non sia notato; e come amorevole della signoria vostra reverendissima, gli voglio dire che sia più cauto per l'avvenire, che non si guadagni nome di luterano: massime che io ho inteso dal padre reggente di San Domenico che vostra signoria reverendissima mostra non sentir bene de' santi, non avendo fatto quella riverenza al corpo di san Domenico che fanno gli altri, non inginocchiandosi in terra. - Rispose: - Io vi ringrazio, e cercherò non dare materia di esser reputate nè luterano, nè altrimenti eretico, ma vi dico bene che, quanto alla riverenza di quel corpo, parmi aver fatto quanto ero debitore. Mi son bene come scandolezzato de' vostri frati, uomini altrimenti dotti e savj, che faccino più riverenza al capo di san Domenico che al corpo di Gesù Cristo, con tener più lampade e torcie accese, che quando si mostra il santissimo sacramento. E vedendo io tutti li frati inginocchiati quando mi mostrarono il detto capo, dissi fra me, Non si potrebbe mostrare maggior riverenza al santissimo sacramento, di quella che ora fanno a questo capo: e per questo io stetti in piedi con la berretta in mano».


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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