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      «Sono due frati: l'uno tutto spirito audace, letterato, mandato dal duca; l'altro vecchio pratico in inquisizione, animoso, di buona casa di Bologna».
      In altra del 21 aprile 1541:
      «La setta va pur (ut audio) perseverando, se il signor duca non se muove; credo ben che, se gli fosse denunciato alcun colpevole, si risentirebbe, ma nullo vuol esser delatore nè a noi, nè all'inquisitore».
      In sì lunga prigionia e con tali procedure ognuno s'immagina quanto dovesse soffrire il cardinal Morone, a cui, oltre le interrogazioni a voce, fu data facoltà di vedere le accuse appostegli (sempre tacendo il nome de' testimonj) e porre in iscritto la propria difesa. Questa abbiamo noi, e non crediamo superfluo il qui pubblicarla, per quanto estesa:
     
      Alli 12 di giugno 1557 sono venuti da me nel castello Santangelo di Roma li reverendissimi et illustrissimi signori miei cardinali di Pisa, Reomano, Spoletano e Alessandrino, mandati da nostra santità papa Paolo IV, li quali si condolsero meco del travaglio nel quale era per conto della religione, e mi esposero il paterno animo di sua santità, esortandomi a dire tutto spontaneamente e con verità, perchè andando sinceramente, se avesse avuto bisogno di grazia, sua santità non mi saria mancata.
      Io prima pregai Dio benedetto per amor del suo unigenito figliuolo Gesù Cristo nostro salvatore volesse spirarmi a dire tutto quello che fosse a onore e gloria della sua divina Maestà ed a salute dell'anima mia ed a soddisfazione della santa e retta mente di sua santità e delle loro signorie reverendissime.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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