Essendo dunque Legato al Concilio in Trento, ed essendo la quadragesima, mi ricordai di questo effetto, e scrissi al mio vicario che facesse intendere al predicatore che ammonisse il popolo a far la sua confessione, ma che avvertisse di sperar la remissione de' peccati da Cristo, e che ammonisse tutti li confessori delle religioni di frati e tutti li curati che insegnassero questo alli penitenti. Il vicario dette la mia lettera al predicatore, il quale, pensando forse di far bene, la volle leggere in pubblico: ma ne seguì gran bisbiglio, perchè li cattivi la dicevano altrimenti che non stava. Di che essendo avvertito dal vicario, sebben vi si era già rimediato, scrissi subito che facesse osservar nelle confessioni la forma del Concilio Coloniense, stampato a Verona, e così fu eseguito.
Ora essendo venuto questo frate, qualche anno dopo, in man della Santa Inquisizione, depose alcune cose contro a me intorno a questo. Il che papa Giulio mi fece intendere, mandando a me il maestro Sacri Palatii, ora arcivescovo Conza. Io feci venir le lettere che si trovarono ancora in Modena, e sua santità le vide, come credo, ed il frate si ridisse di quello aveva detto a torto contro di me: e mandandomi sua santità Legato in Germania, mi dette il processo, e ragionando poi intorno a simili materie, e massime sopra la materia della giustificazione del reverendissimo Contarino, che costì si chiama la Concordia di Ratisbona, e discorrendo delle altre delazioni fatte contro di me, sua santità abbracciandomi teneramente, mi disse, se era bisogno, che mi dava la benedizione e assoluzione di tutto in nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti, e mi disse con le lacrime che sperava che, per mio mezzo, s'avesse a ridur la Germania all'antica e vera religione; con molte altre parole circa ciò, che non fa bisogno raccontare.
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