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      Dal Salmerono.
     
      Stando pure in Trento, mandai il Salmerono della compagnia di Gesù, a predicar a Modena, perchè sempre fui affezionato ad essa compagnia; e in Germania ebbi per confessore, sinchè morì, un mr. Pietro Fabro di detta compagnia, ottimo religioso: e dopo la morte sua, quando poteva averla, mi valeva dell'opera di mr. Claudio Jaio, pur della medesima compagnia. E perchè detto Salmerono mi pareva ben dotto ed istrutto contro Luterani, pensai fosse buono per Modena. Ed essendo lui andato, cominciò a fare il debito suo, benchè si facesse gran rumori contro di lui da quelli dell'Accademia, che erano li sospetti; ed il governatore di Modena più volte si lamentasse che il predicatore era ingiurioso, perchè chiamava costoro con il suo nome. In quel tempo ritornai a Modena, essendosi fatta la sospensione del Concilio; ed essendo andato alla sua predica, udii che attribuiva assai e lodava li meriti delle opere, tanto che mi pareva desse occasione a far gli uomini più arroganti e superbi verso Dio. Onde lo chiamai in camera, e cominciammo a ragionare insieme noi due soli, e venimmo sopra a questo. Esso, che era giovane ardito e dotto mi parlava molto gagliardamente, come credo ora, con buon zelo. Io non avendo pazienza, essendo più insolente di lui, me lo levai d'avanti, e alterato dal ragionamento, credo che io dicessi molte inezie, di nessuna delle quali io mi ricordo, se non che di questa, ch'io non sapeva tanti meriti, ch'ancora in dire la messa, la quale è la più santa opera che si possi fare, io faceva peccato.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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