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      Di che lascio che la verità stia al suo luogo. So ben che egli avea letti libri luterani, ma mi disse avea licenza, ed anco avea letto, per quanto intesi, gli scritti del Valdesio, ed era stato molto suo amico.
      Queste son le cose ch'io sin qui, pensando e ripensando tanto che, con l'afflizione nella quale mi ritrovo, ho quasi perso in tutto il sonno, ho potuto ricordarmi d'aver fatte o dette, che m'abbino ridotto in queste calamità. Ma perchè nel principio ho detto ch'io son figliuol di questa romana Chiesa e servo di nostro signore, replico di nuovo che voglio perseverare col divino ajuto in questo, e perciò sottometto me ed ogni azione mia ed opinione al retto e santo giudizio di sua santità, offerendomi paratissimo ad ogni obbedienza ch'a sua santità piacerà: e se più mi ricorderò o mi sarà ricordato, lo dirò sinceramente, perchè queste sono cose vecchie di molti anni, dalle quali ove sono sospette io spontaneamente mi era partito. Supplico bene umilmente sua santità voglia usare animo paterno verso di me, e benigna misericordia in tutto ch'ella giudicherà ch'io n'abbia bisogno, e conformandosi a Quel del quale sua santità è vicario, il quale è insieme giudice e avvocato de' peccatori, voglia anche esser mio piuttosto avvocato appresso se stessa, che giudice, e pigliar il patrocinio mio paternamente, e cavarmi di tanta afflizione e miseria, nella qual mi ritrovo.
     
      In Castello, ai 18 di giugno 1557.
     
      Io Giovanni cardinal Morone ho scritto e sottoscritto di mano propria.
     
      Eppure a lungo durò ancora in carcere.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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