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      Quæ converteret papam in pauperem plebanum, et cardinales in miseros capellanos.
      Anche Paolo IV fu incessante bersaglio a satire, massime a cagione dei nipoti: e il suo nome di famiglia Caraffa diè occasione a molte arguzie, tanto che si dovette proibire di gridar per istrada bicchieri e caraffe.
      Sotto Sisto V comparve Pasquino con una camicia tutta sudicia. E chiedendogliene Marforio il perchè, rispondeva: «Perchè la mia lavandaja è divenuta sorella di papa».
      E perchè Sisto rimescolava colpe vecchie, si fecer dialogare le due statue di san Pietro e Paolo. Il primo vedeasi in atto di partire cogli sproni:
      San Paolo: Dove vai?
      San Pietro: Corro qualche pericolo. Temo esser chiamato in giudizio perchè ho rinnegato il mio maestro.
      San Paolo: Allora farò bene anch'io a cavarmela, perchè m'imputeranno le persecuzioni che feci contro i Cristiani.
      Ma Sisto non intendea scherzi, e faceva anche impiccare i satirici, onde Pasquino dovette contentarsi d'esclamare che papa Sisto non la perdona neanco a Cristo.
      Venendo a tempi vicini, di Benedetto XIV disse Pasquino: Vir bonus in solio, Bonus vir in solio. E di Pio VI che nello stemma portava aquila, gigli, stelle, venti:
     
      Redde aquilam imperio, Gallorum lilia regi,
      Sidera redde polo; cætera, Brasche, tibi.
     
      In somma Pasquino è un arguto, che tien l'occhio al Vaticano, l'orecchio al conclave, intelligenze nelle anticamere, spie nelle sale e nelle alcove. Talvolta fu l'uom dabbene indignato de' vizj: tal altra lascia fra il riso trapelare l'ira protestante come quando dice:


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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