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      Sono principj liberali, più che non gli abbia professati o praticati il nostro secolo, più che non potesse attendersi dal color religioso e fin chiesolastico, che prendea l'educazione, quando, anche fuor de' seminarj, moltiplicavansi le pratiche religiose, frequentavansi i sacramenti e gli esercizj, introducevansi feste, altarini, cappannucie; insinuavasi la venerazione per ogni cosa sacra, l'obbedienza incondizionata al papa, l'orrore per ogni lubricità.
      Allora campeggiò lo zelo di molti, vorrei dire di tutti i vescovi, nel restaurare la disciplina delle proprie diocesi.
      Il cardinale Giberti, già datario, e soprannominato padre de' letterati e dei poveri, nel suo vescovado di Verona pose una stamperia, da cui fece riprodurre le opere de' santi padri; rese quel clero un modello di ecclesiastica disciplina, sicchè il Concilio non fece quasi che ridurre a decreto ciò ch'egli aveva introdotto.
      A torto vien attribuita al Contarino, ed è probabilmente del Flaminio una lettera, inserita nelle raccolte di quel tempo, ove si dice: «Tenetevi per voi questi vostri mostruosi vescovi con le loro sete, ori, argenti, tappezzerie, cavalcature, staffieri, per non dir peggio, ne' quali non si vede altro di vescovo che una gran cherica. A noi fanno di mestieri vescovi, che per gemme e ori abbiano le sagre lettere, per delizie la povertà ed i digiuni, per ornamenti un'ardente, casta ed umile carità, quale a dì nostri fu il santo vescovo Matteo Giberto, di tante esimie doti dell'animo ornato, che alli antichi si poteva propriamente paragonare.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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