Il conte di Ripacorsa nel 1507 rimproverava frà Vincenzo da Ferrandino perchè avesse inquisito alcune persone senza informarlo nè mostrargli la sua commissione325. Donde appare che l'Inquisizione non avea tribunal fisso, e dovea dipendere dal placito secolare.
Ma quando la spagnuola infierì contro i Moreschi e i Marani, i Napoletani temettero di nuovo che Fernando volesse introdurla fra loro, come pareva trapelare da certe sue lettere, che supponeano qui rifuggiti molti Musulmani profughi dalla Spagna. Con modi rispettosamente robusti gli rammemorarono l'antica capitolazione, e come non fosse duopo di straordinarie procedure contro Mori ed Ebrei, essendo qui pochissimi; e avendo egli mandato alcuni inquisitori, furono ricevuti in tal maniera, che dovettero partirsene ignominiosamente. Nè quanto il re cattolico visse, più tentò quel fatto, e il vicerè Cordova vigilò perchè Roma non eccedesse. Germogliata l'eresia di Lutero, Carlo V, trovandosi in Napoli nel 1536, promulgò un severissimo editto, con cui interdiceva ogni commercio e corrispondenza con persone infette o sospette d'eresia, pena la morte e la confisca. Che le opinioni luterane serpeggiassero a Napoli, lo vedemmo parlando del Valdes e di Galeazzo Caracciolo. Don Pietro Toledo vicerè, cui Carlo V nessuna cosa avea raccomandata più che d'impedire il contagio dell'eresia, non solo la fece combattere da famosi predicatori e teologanti, frate Angelo da Napoli francescano, frà Girolamo Seriprando agostiniano, frate Ambrogio da Bagnoli domenicano, frà Teofilo da Napoli, frate Agostino da Treviso, ma bruciò una gran catasta di libri che la propalavano, e vietò (1544) l'introdurre qualunque trattato teologico che fossesi pubblicato negli ultimi venticinque anni, non approvato dalla santa sede o anonimo, e chiuse le accademie del Pontano, de' Sireni, degli Ardenti, degli Incogniti, che sotto coperta di letteratura o di filosofia facilmente scivolavano nel campo teologico.
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