A suggerimento del papa e di san Carlo vi fu deputato anche il famoso giureconsulto Paolo d'Arezzo, allora prevosto de' Teatini, poi arcivescovo di Napoli e beatificato; e nelle calde suppliche è notevole la strana ragione che, essendo colà troppo comuni i giuramenti falsi, niuno terrebbesi sicuro della vita e dell'avere se dominasse l'Inquisizione spagnuola.
Ma i baroni a titolo d'obbedienza feudale erano stati domandati dal vicerè a venir alloggiare nelle caserme degli Spagnuoli: le famiglie dabbene si ritirarono, sicchè, prevalendo la feccia e i fuorusciti, andò a scompiglio il paese; chi volea schivare le furie della ciurma, bisognava la blandisse coll'esagerazione delle parole e colla villania del vestire e del trattare; intanto che i soldati spagnuoli coglievano ogni occasione e pretesto di saccheggiare, e da una parte e dall'altra cercavansi sussidj e munivansi fortezze.
L'imperatore a fatica s'indusse a concedere udienza ai deputati; intimò si deponessero le armi in mano del vicerè; e la città scoraggiata obbedì, implorò misericordia; pure ottenendo che i casi d'eresia fossero giudicati dagli ecclesiastici ordinarj. Trentasei eccettuati dall'amnistia già erano fuggiti; il Mormile con altri ricoverò in Francia, ben visto e proveduto. Gianvincenzo Brancaccio, che lasciossi cogliere, fu decapitato: l'imperatore di nuovo dichiarò fedelissima la sempre rivoltosa città, e le impose centomila scudi di amenda.
I processi d'eresia si erigevano dal vicario di Napoli per via ordinaria; e una bolla del nuovo papa Giulio III vietò che traessero dietro la confisca, cassando anzi le pronunziate fin allora, e volendone applicati i beni a i più prossimi parenti326: i colpevoli erano diretti a Roma, donde, fatta l'abjura e le penitenze imposte, erano rimandati a casa.
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